"A casa non s'arriva mai, ma dove confluiscono vie amiche, il mondo per un istante sembra casa nostra" (H.Hesse)

venerdì 26 febbraio 2016

Taman Negara: la selva selvaggia (e aspra e forte)



Malesia è la giungla.
Solo poi è anche le grandi metropoli come la sua capitale e i progetti avveniristici come le Petronas Tower.
Malesia è, essenzialmente,  quella lunga striscia di territorio, fiabesco e ostile al tempo stesso, che inizia da Kuala Lumpur e arriva fino a Kota Barhu.

Disteso lì, come una vecchia signora dal fascino eterno che dall’alto dei suoi 130 milioni di anni di vita osserva e domina tutta la fascia centrale della penisola malese.
Una delle più antiche foreste pluviali del mondo, quelle in cui scorrono fiumi, placidi o impetuosi secondo l’umore, e crescono alberi alti come palazzi, di cui non si vede mai la cima.

È il luogo in cui ci si incanta a guardare l’intreccio delle liane, si portano ogni tanto le mani a coprire le orecchie per sospendere il ronzio incessante di insetti di ogni tipo, si fatica a respirare vedendo fluttuare gocce d’acqua al posto di particelle d’aria.
In cui le uniche vie di comunicazione, a parte una leggendaria ferrovia che la circumnaviga, ma che per ragioni di sicurezza non si addentra nella foresta vergine, sono i fiumi e i gradini fatti di radici.

 I sentieri solcati dall’uomo, nei pochi tratti sottratti a un territorio umido e profondo.
Bellissimo e terribile al tempo stesso.
Nella giungla, come nella savana, tutto è amplificato. Dai suoni, ai colori, alle piogge incessanti che arrivano improvvise e possono durare pochi attimi come un paio d’ore. Gonfiando i fiumi, chiudendo vie d’accesso, distruggendo ciò che l’uomo, con pazienza, ricostruisce.

Il caldo, ma soprattutto l’umidità soffocante, stabiliscono subito chi è che comanda.
Gli abitanti lo sanno e ti guidano a comportarti di conseguenza.
Ad attutire il colpo. Perché puoi immaginarla, leggerne resoconti e dati scientifici, ma l’umidità della giungla la capisci veramente solo quando ti trovi a viverla e soprattutto respirarla.
E ad annaspare mentre la attraversi in un trekking nemmeno troppo impegnativo.
Nella giungla ti incanti a osservare foglie di ogni tipo


e dimensione.

Fiori

E funghi colorati


Creature dall’aspetto più o meno rassicurante.

Simpatico

O inquietante

Colorato

Evidente

O appena intuibile

Dispettose

Moleste

O insidiose.

Le sanguisughe sono gli abitanti principali della foresta tropicale. Escono a frotte non appena smette di piovere, e spinte dal calore del corpo umano, si aggrappano agli scarponi, penetrando dentro calzini e pantaloni.
Anche impregnati di repellente.
Gli abitanti del posto sorridono della nostra avversione ad esse, di tutte le misure messe in atto per difendercene. Loro, semplicemente, le staccano e le buttano via.
Ma le guide portano con se scorte di sale da cospargere sulla pelle delicata dei malcapitati turisti presi d’assalto.
Tanto basta a mettere in fuga anche la sanguisuga più agguerrita.
Il loro morso è innocuo, indolore e non ci si accorge nemmeno di averle addosso, almeno fino a quando non esplodono in bolle di sangue che imbrattano abiti e accessori .
E il morso continuerà a sanguinare a lungo: la loro viscidità e questo particolare le rendono particolarmente moleste.
Alla giungla ci si avvicina piano piano.
Da Kuala Lumpur, dopo un paio d’ore di macchina, si fa sosta a Jerantut, ultimo avamposto in cui recuperare quanto serve: contanti, scorte alimentari, una torcia (indispensabile come il k-way), repellenti per insetti. La città infatti è solo un luogo di passaggio.
Da qui, in pullman, macchina o minivan (poco meno di due ore) o in barca (tre ore e mezza), si raggiunge Kuala Tahan, una municipalità di ostelli, b&b e “ristoranti” galleggianti che termina nel torbido fiume Slungai Tembeling. Oltre il quale si trova la giungla.

Kuala Tahan è una manciata di baracche e sistemazioni essenziali. Una scuola, 

una “clinica” e un pugno di minuscoli empori in cui vendono pochi e datati generi di prima necessità, snack e gelati.

C’è perfino una piccola libreria che vende libri usati, lasciati dai turisti.
Qua si trova anche il quartier generale del parco presso il quale bisogna registrarsi e pagare la tassa di ingresso e quella per ogni fotocamera che si ha con se, e da cui partono tutti i sentieri escursionistici.
Se si sceglie di arrivare via terra (come abbiamo fatto noi, riservandoci il percorso in barca per il ritorno) vale assolutamente la pena fare una piccola deviazione verso le grotte di Gua Kota Gelangi. 

Il primo approccio con la giungla è stato, per noi, questo posto paradisiaco in cui siamo approdati, attraversando piantagioni sterminate di palme, 


con il driver che ci ha affidati a una guida locale, ragazzetto poco più che ventenne che ci ha scortati, armati di torcia, lungo fiumiciattoli, sentieri paludosi e intrichi di liane e radici, fin dentro grotte smisurate e dalla bellezza impressionante.

Attraversando passaggi strettissimi a prova di claustrofobia, 

strisciando lungo rocce umide, 

e appiattendoci su massi fangosi, con lui che ci spiegava passo per passo dove mettere i piedi per trovare sostegno, dove cercare un appiglio per le mani, dove far leva per tirarsi su.
Per ritrovarsi poi al buio completo in un luogo che si intuiva immenso

 e pieno di invisibili presenze.

Lo scenario si rivelava solo a ogni bagliore di torcia, in un silenzio che faceva male alle orecchie e troncava il respiro per l’emozione.
Esperienza indimenticabile da cui ci siamo congedati con estrema fatica per proseguire il nostro viaggio.
E siamo arrivati al nostro alloggio nella giungla così: sudati, lerci, pieni di fango fin sopra i capelli, ma con gli occhi lucidi e i battiti del cuore accelerati.
Qui abbiamo subito dovuto attraversare il fiume, avendo scelto come alloggio l’unico posto al di là della riva.

1 ringitt a persona da depositare in una scatola di latta ai piedi del traghettatore.
E poi una lunghissima scalinata che dall’attracco porta alla reception.
Un comodo sistema per non doversi trascinare i bagagli su per le scale.


E l’invito a togliersi le scarpe prima di accedere alla reception

(regola che vale anche per il proprio chalet).

Anche se le scarpe erano davvero poca cosa in confronto a tutto l’ammasso di fango che ci trascinavamo dietro…
Nella giungla ci si sposta a piedi o con lance in legno da 4-10 persone, da poter usare anche come servizio taxi.

Ognuna di esse è dotata di giubbotti salvagente che ognuno indossa e meno a propria discrezione.
Si mangia tutti insieme in catapecchie galleggianti. Sia gli abitanti, sia il turista che arriva con la carta di credito.

E si mangiano esclusivamente piatti locali: riso, pollo, pesce, uova, verdure coltivate dietro casa.




A colazione, pranzo e cena.
Variando di poco spezie e presentazione e senza fronzoli, senza andare troppo per il sottile.
 Si mangia in piatti di plastica colorata, risciacquati e riutilizzati senza sprechi.
Il fiume è parte integrante del paesaggio ma anche della vita di chi abita la giungla e di chi vi soggiorna per poco tempo.

Nel fiume si pesca, ci si fa il bagno con il sapone, ci si sposta, si lavano le stoviglie e i panni.
Non è raro, mentre si è seduti a mangiare, vedere bambini o pescatori appena rientrati, lavarsi prima della notte.
Che arriva presto: si cena subito dopo il tramonto, si riprende la lancia se si alloggia al di là del fiume e poi tutti a nanna.
Il cellulare prende solo nel quartier generale del parco, il centro dal quale partono i sentieri e si incrociano le acque di due fiumi.
A mano a mano che ci si allontana da qui sarà sempre più indispensabile la torcia e inutile il cellulare che non avrà più segnale.

Ma cosa c’è da fare nella giungla?
Tanto per cominciare, quando la si vede la prima volta basta stare a guardare e ascoltare, che di sicuro non ci si annoia! Piuttosto si sta occhi aperti a vedere tutta la vita che pullula nel sottobosco o naso in su a cercare di scorgere la cima di alberi infinitamente alti.
Poi ci sono diverse attività da fare scortati o anche in autonomia:

1) Diversi sentieri escursionistici, segnalati secondo il grado di difficoltà e i km di lunghezza: alcuni in (ripidissima) salita, con approdo finale a un punto panoramico da cui ammirare la giungla dall’alto. Tutti da affrontare sempre armati delle giuste attrezzature che comunque vengono rielencate a ogni angolo:
-K-way
-Torcia
- Stivali di gomma se ci si mette in marcia subito dopo un temporale ( il terreno diventa fangoso e scivoloso; si possono noleggiare anche al quartier generale, ma è consigliabile avere calze lunghe e asciutte perché li si trova costantemente umidi all’interno)
- Scorta di acqua
A questa piccola lista noi abbiamo aggiunto:
-sale per staccare le sanguisughe
-cerotti per fermare il sangue e proseguire.

2) Il Canopy Walkway

cui bisogna tornare diverse volte sperando di trovarlo aperto perché per ragioni di sicurezza chiude nell’imminenza di un temporale o subito dopo e con accesso limitato a poche persone alla volta (quindi può capitare di dover aspettare). Si passeggia a 44 mt di altezza ammirando gli alberi da vicino e il sottobosco dall' alto. Il ponte oscilla e traballa molto, il percorso è lungo e si snoda attraverso 6 o 7 passerelle con possibilità di riprendere fiato solo pochi istanti a ogni piattaforma che si raggiunge. 

Si procede uno alla volta a distanza di una decina di metri indicata da personale che staziona su ognuna delle piattaforme. Loro danno il via e, nel caso, incoraggiano a proseguire rivelando il tempo che manca alla fine (mi è capitato di chiederlo più di una volta…). Da lassù tremano le gambe e si ha la tentazione di tornare indietro. Ma arrivati a metà del ponte (dove peraltro si raggiunge la massima oscillazione…) non resta che fare un bel respiro, recitare preghierine sparse e proseguire. Adatto solo a chi non soffre di vertigini.

3) Visitare un villaggio di Orang Asli

abitanti originari della giungla che vivono di caccia e pesca e si spostano al suo interno, ricostruendo di volta in volta le loro capanne provvisorie. 




Di solito sono piuttosto schivi e diffidenti, vivono nascosti nella giungla profonda, in aree inaccessibili, ma quelli del Taman Negara sono più stanziali e abituati ai turisti.


4) Risalendo di pochi chilometri il fiume, in una bellissima ed emozionante navigazione a pelo d’acqua,

 si possono raggiungere le rapide di Lata Berkoh, dove trascorrere un paio d’ore ad ammirare lo scenario e volendo si può anche fare il bagno.

5) Le guide organizzano anche diversi safari notturni a piedi o a bordo di pickup sovraffollati (può capitare che si sia invitati a sedersi direttamente sul tettino!), ma questi (forse anche al paragone di quelli africani) non ci hanno particolarmente entusiasmati: a parte la bellissima vegetazione che sarebbe bello poter vedere anche di giorno, dal momento che si svolgono dentro una sterminata piantagione di palme, gli animali da vedere non sono molti, a parte gatti-leopardo, zibetti e qualche cinghiale.

Nel Teman Negara tuttavia ci sono abitanti più abbordabili, simpatici e alla mano, che non bisogna andare a scovare con la torcia ma si presentano spontaneamente sull’uscio di casa: le scimmie e soprattutto il Tapiro, che io immaginavo grande quanto quello di Striscia e ho scoperto invece essere un mammozzone dell’altezza di un pony, la stazza di un ippopotamo e una mezza proboscide da elefante. Incrocio stranissimo per 300 kg di tenerezza e simpatia.


Quattro giorni nella giungla sembrano pochi ma possono diventare lunghissimi. Il tempo rallenta, così come le funzioni vitali in un contesto completamente al di fuori di quello a cui siamo abituati. Sono un flusso continuo di emozioni, belle e brutte. La fatica è tanta, determinata innanzitutto dalla sensazione di trovarsi costantemente a camminare, muoversi e mangiare dentro una sauna.
Di notte la tregua dei deumidificatori aiuta quel tanto che basta a conciliare il sonno ma sottopone al nuovo, difficile impatto del mattino successivo. Inutile tentare di fare un minimo di bucato: i panni si asciugheranno solo una volta tornati in Italia.

 Meglio portarsi più cambi e rassegnarsi all’idea di riportare indietro pantaloni pieni di fango. Il verde, colore dominante che si rispecchia anche nelle acque del fiume, riempie gli occhi e il cuore e contribuisce a distendere i sensi sempre in allerta. La pioggia arriva puntuale ogni pomeriggio e spesso costringe a rivedere programmi o cambiare percorsi, oltre che umore. 

Può piovere con il sole oppure oscurarsi tutto all’improvviso. 
Ascoltare la pioggia scrosciare o sentirla battere di notte sulle foglie è una delle emozioni che regala la giungla.
Ma in tutta onestà, noi siamo riusciti ad apprezzarne pienamente la bellezza solo rivedendo le foto una volta tornati a casa, perché mentre si è lì, ci sono troppi ostacoli, imprevisti e sorprese a frenare gli entusiasmi.
Forse il fatto di sottovalutare certi aspetti o di non averne piena consapevolezza fin quando non li si vive in prima persona. Le reazioni personali di fronte a stimoli ambientali diversi a volte spiazzano. Il fattore adattabilità gioca un ruolo fondamentale e richiede uno sforzo altissimo.
Insetti giganti che escono di sera e attaccano le persone con abiti chiari!

E a nulla sono valse le nostre precedenti esperienze in Kenya o in Tanzania ma soprattutto in Sudafrica. Perchè qua è tutto completamente diverso, a cominciare dal quel clima assurdo, inspiegabile fino in fondo, che ti costringe a fare i conti con te stesso e tutti, tutti i tuoi limiti.
Lì sono spazi sconfinati e luce abbagliante qua sono sentieri angusti e scuri.
Lì è respirare a pieni polmoni al ritmo del vento che spira.
Qua è risparmiare ossigeno cercandolo spasmodicamente.
Ti scopri vulnerabile e debole.
Ti inchini alla maestosità e all’asprezza della natura.
E al suo meraviglioso cospetto, fai ammenda e ti vergogni perfino un po’.
Provando gratitudine solo a distanza.


Indicazioni pratiche
Per il nostro soggiorno nel Teman Negara ci siamo affidati all’agenzia locale NKS, che abbiamo contattato via mail molti mesi prima.
Precisi, puntuali e affidabili. Si può scegliere fra tour che vanno da 1 fino a 4 notti.
Si versa un anticipo all’atto della prenotazione e si salda tutto in loco all’arrivo a Jerantut. La partenza da Kuala Lumpur è facile e agevole con punto di incontro presso l’hotel Mandarin Pacific in Chinatown, raggiungibile in taxi o metropolitana (fermata a 200 metri).
Volendo offrono un servizio di deposito bagagli fino al ritorno (qualora si volesse andare nella giungla solo con lo stretto indispensabile dentro uno zaino), dietro modico compenso (che non ricordo perfettamente ma mi pare 3 ringitt al giorno per bagaglio, poco meno di 1€).
Nel pacchetto sono compresi tutti gli spostamenti in minivan da 12 persone, il viaggio di ritorno in barca, le escursioni guidate in loco  e i pasti sia a Jerantut (all’arrivo e alla partenza), sia a Kuala Tahan, presso il loro Floating restaurant, che funge anche da ufficio.
Il menu è fisso (anche nel volgere dei giorni, nel senso che si tratta sempre di riso, pollo o pesce, e uova) e non si può scegliere: si mangia quel che c’è! Che comunque è buono. È possibile acquistare bibite o acqua in bottiglia, altrimenti sono comprese bevande da appositi dispenser.
È possibile scegliere il tipo di alloggio, fra posto letto in ostello, oppure camere in b&b o piccole pensioni. Noi abbiamo scelto quello più alto per gli standard del posto che è anche l’unico alloggio al di là del fiume, cioè il Mutiara, composto di chalet in legno, ma i pasti, ad eccezione della colazione, si consumavano sempre presso l’NKS al di là del fiume.



14 commenti:

  1. che meraviglia la giungla!
    che simpatica la scimmia!
    che straschifo la sanguisuga!
    che curiosa una libreria di libri usati dai turisti!

    ho riassunto così tutte le mie espressioni nello scorrrere il tuo post! :)
    ben tornata!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie fede, ben trovata! Anche io sono rimasta molto colpita dalla libreria dell usato: vita che scorre!
      Bacioni grandi buona domenica

      Elimina
  2. Meraviglioso il grande enorme come spazio e vegetazione allo stesso tempo nasconde più o meno piccoli esseri che ci vivono. Un viaggio favoloso in un luogo che mi ci perderei per restare. Bellissimo il tapiro proprio mammozzone. Grazie di questo bel viaggio e buona fine settimana.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie a te Edvige, di aver apprezzato! Il tapiro è proprio un animale simpatico e dolcissimo. Non lo avevo mai visto e nemmeno me lo immaginavo così, perciò è stata proprio una bellissima sorpresa!
      Bacioni buona domenica

      Elimina
  3. Bentornataaaaa :-) Aspettavo con entusiasmo questo reportage :-) Che viaggio intrigante ma anche impegnativo, prima o poi mi devo decidere (o meglio devo convincere il maritino) a farlo anch'io :-) Ti fa vedere le cose da un'altra prospettiva ed arricchisce il proprio bagaglio culturale :-)
    Felice domenica e a presto <3

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie Consu, impegnativo, sì: è proprio la parola giusta!
      Ma è vero anche che come ogni viaggio ti fs crescere e ti arricchisce sempre un po.
      A te felice settimana tanti bacioni!!

      Elimina
  4. Bentornata cara!!!! Non vedevo l'ora di leggere il tuo racconto... che dire, mi bastano le tue parole e le tue foto (quelle dei ragni & c. non sono neanche riuscita a guardarle...) , non credo che avrei il coraggio di affrontare quell'umidità e tutti gli animaletti di contorno (ovviamente tapiro escluso... che carinoooo)Davvero i miei complimenti, sei un mito, una vera donna avventura!!!! Grazie di avermi portato virtualmente in posti dove non andrò mai ahahahah! Baci e buona settimana :-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie eyra, ma quale donna avventura?? Ragni insetti sanguisughe e soprattutto quegli elicotteri che si muovevano col buio, attaccandosi a ogni fonte luminosa comprese magliette bianche sono stati il mio incubo costante!!! Poi che c entra uno fa finta di niente...ma la giungla non fa per me: ho capito questo! Il tapiro è l unico animaletto simpatico e troppo tenero che vive al suo interno. Baci a te buona settimana!!!

      Elimina
    2. Io non so se sarei riuscita a fare finta di niente... sarei diventata l'incubo (e lo zimbello) di tutta la compagnia di viaggio.. ho davvero il terrore incontrollato di ragni e affini... a mio parere sei stata davvero un mito!!!!!

      Elimina
  5. Assolutamente affascinante, ho divorato il tuo racconto frase dopo frase! Però... a parte l'irrespirabilità climatica sulla quale potrei anche soprassedere, ma ho il sacro terrore degli insetti: già nel nostro meraviglioso clima me la do a gambe appena incrocio ciò che è un po' più di un moscerino, quindi lì morirei e non si tratta di semplice paura, il mio è un terrore incontrollabile, quindi lasciami godere del TUO viaggio, ma io per questa volta mi astengo dall'ispirarmi :) Anche se è davvero un peccato...
    Un bacione|

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Io non ho proprio il terrore degli insetti ma devo dire che lì ti viene per forza. Ne incontri di ogni tipo, ogni secondo e pure se non li vedi lo sentì ronzare incessantemente. Con la aggravante di non sapere cosa sono e di immaginarli enormi ( come poi alcuni in effetti sono!). Diciamo che mi è bastata quella esperienza e che non la ripeterei, o almeno non subito!
      Bacioni a te Tatiana, buona giornata!!

      Elimina
  6. grazie !!!mi hai fatto vivere un sogno adoro la natura in tutte le sue declinazioni e le tue foto sono davvero bellissime !!!!bentornata e un abbraccio...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. GraIe a te mammalorita, sono felice che ti sia piaciuto! Ti abbraccio anche io, bacioni!

      Elimina

Grazie della visita, lascia un segno del tuo passaggio, sarò felice di risponderti

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...